martedì 1 dicembre 2015

PERCHE' IL DIRITTO ?
Aristotele diceva che l'uomo è un animale politico cioè la solitudine lo fa soffrire. Ha un bisogno sia fisico che spirituale di vivere insieme agli altri. Ciò determina la nascita di gruppi. All'interno di tali formazioni però, per forza, si creano dei conflitti di interessi. Questi attriti fra consociati spingono senza dubbio alla violenza lasciando al singolo consociato di difendere i propri interessi in base alle sue capacità fisiche o intellettuali usando di conseguenza le armi che soggettivamente ritiene più idonee.
Occorre quindi qualcosa che mantenga la pacifica convivenza e armonizzi il più possibile gli interessi primari in relazione a quelli collettivi.
Ecco spiegata la necessità del diritto.
Il Diritto detta le regole di comportamento e di organizzazione in vista degli interessi collettivi cercando così di ottenere la pacifica convivenza.
E' evidente che quanto migliori sono queste regole tanto più' armoniosa e pacifica sarà la convivenza e la soddisfazione dell'individuo il quale non si lamenterà dei suoi sacrifici quando vede che la contropartita è un bene per lui prezioso.
Insomma le regole dettate dal diritto costituiscono l'ossatura portante delle società. Se si vuole cambiare la società bisogna cambiare la sua struttura, se si vuole cambiare la struttura bisogna cambiare il Diritto.
Il grado di civiltà di una società si misura dall'evoluzione del suo Diritto.
Ma non basta che ci siano regole buone bisogna pure che le stesse vengano rispettate e che quindi funzioni bene il sistema che controlla l'osservanza delle regole e che in caso di trasgressione vi sia una punizione.
L'associato e' costretto ad ubbidire.
Questo carattere (OBBLIGATORIETÀ DELLA NORMA GIURIDICA) costituisce la nota di differenziazione della regola giuridica dalle altre regole della società.
Infatti vi sono altre regole sociali: quelle religiose, morali, di buona educazione, di cortesia e convenienza che non hanno il carattere dell'obbligatorietà.
Anche i precetti religiosi contribuiscono ad attutire i contrasti fra i consociati ma gli stessi non sono obbligatori, non c'è il timore della punizione almeno di quella immediata considerato che la stessa è prevista solo dopo la morte, né può' considerarsi punizione l'eventuale rimorso. Il credente è lasciato libero di ubbidire o meno e risponderà delle sue scelte solo dopo morto: non c'è costrizione ma risposta alla propria coscienza
E poiché il precetto religioso trae la sua forza di ubbidienza dalla coscienza, certamente le norme giuridiche risentono e sono permeate del sentimento religioso e comunque della morale del momento.
Allo stesso modo per l'inosservanza delle norme di buona educazione non è prevista nessuna punizione a parte la figuraccia
Se uno e costretto ad ubbidire alla regola giuridica è evidente che ci deve essere un'autorità che si assume tale funzione.
L'ente che soddisfa il bisogno di avere delle regole di comportamento indirizzate al conseguimento dei fini comuni e che ha l'autorità di farle rispettare è lo Stato.
Quindi lo Stato nasce per esigenza e in contrasto con le società primitive che chiameremmo "semplici" in quanto prive di organizzazioni e soggette alla cd "legge del più' forte"
Tale esigenza sfocia nella sovranità cioè nel potere di imperio (imperium=comando) che ha lo Stato sugli associati cioè sulla popolazione che è rappresentata dalle persone che vivono sul suo territorio .
E' evidente che nel tempo lo Stato si è evoluto ma i suoi elementi essenziali restano:
il popolo, il territorio e la sovranità.

A questo punto possiamo dare la definizione di Stato

STATO = è un insieme di persone (popolo), stanziate su un territorio, che si danno delle regole per l'organizzazione della vita collettiva e sottomesse ad una autorità (governo con poteri coercitivi) per il raggiungimento di fini comuni (difesa, ordine pubblico, amministrazione della giustizia, progresso sociale ed economico…)
Va detto che le regole fissano anche i limiti del potere dello Stato.Tutti i suoi organi sono sottoposti alla Legge.
La sovranità dello Stato si realizza fondamentalmente attraverso l'esercizio di tre poteri: il potere legislativo, esecutivo e giudiziario
NELLO STATO DEMOCRATICO i tre poteri appartengono ad organi separati.
In Italia il potere legislativo (emanazione di norme giuridiche) appartiene al Parlamento, quello esecutivo (attuazione concreta delle norme per consentire il raggiungimento dei fini generali) appartiene al Governo, quello Giudiziario (interpretazione e applicazione della legge con conseguente applicazione delle sanzioni) alla Magistratura.
Ricapitolando occorrono quindi delle regole di comportamento e delle regole che presiedono alla organizzazione e che specificano anche attraverso la facile intuizione dei principi i fini che intende perseguire la società.
Cioè non basta soltanto dare degli ordini positivi (devi fare..) o negativi (non devi..) al consociato ma occorre pure indicare il modo di funzionare degli apparati organizzativi, i principi ispiratori e i fini perseguiti.
Allora la definizione di norma va oltre quella limitativa: la norma giuridica non è solo una regola di condotta.
La definizione che non esclude dal rango di norma quella che si limita ad enunciare un principio, ad esempio :siamo tutti uguali di fronte alla Legge.
Molto più semplicemente esistono norme che contengono solo il precetto (comando), norme che contengono un principio ("L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro), norme che contengono la sanzione (chi uccide una persona è punita con l'ergastolo o la reclusione...).
L'insieme di tutte queste norme costituiscono l'ordinamento giuridico.
Nella parola ordinamento è contenuta appunto questa idea dell'ordine cioè il fine che si prefigge il diritto che è quello di mettere ordine nei rapporti con le altre persone e con lo stesso Stato.
Se abbiamo un bisogno sia fisico che spirituale di vivere insieme agli altri il diritto è necessario per risolvere per ognuno di noi un grande problema di insicurezza, perché rende prevedibili i comportamenti delle persone (perché sottoposti alla regola comune), specie di quelle che non conosciamo perché non sono né parenti né amici e che non hanno nulla in comune con noi.

Cosa succederebbe se, guidando, non fossimo convinti che gli altri conducenti tendenzialmente rispettano le regole del codice della strada (rispettare la destra, non imboccare una strada con divieto di accesso, non passare con il semaforo rosso)? Saremmo sereni o preoccupati ?