PERCHE' IL DIRITTO ?
Aristotele diceva che l'uomo è un animale politico cioè la solitudine
lo fa soffrire. Ha un bisogno sia fisico che spirituale di vivere insieme agli
altri. Ciò determina la nascita di gruppi. All'interno di tali formazioni però,
per forza, si creano dei conflitti di interessi .Questi attriti fra consociati
spingono senza dubbio alla violenza lasciando al singolo consociato di
difendere i propri interessi in base alle sue capacità fisiche o intellettuali
usando di conseguenza le armi che soggettivamente ritiene più idonee.
Occorre
quindi qualcosa che mantenga la pacifica convivenza e armonizzi il più
possibile gli interessi primari in relazione a quelli collettivi.
Ecco
spiegata la necessita' del diritto.
Il Diritto
detta le regole di comportamento e di organizzazione in vista degli interessi
collettivi cercando così di ottenere la pacifica convivenza.
E' evidente
che quanto migliori sono queste regole tanto piu' armoniosa e pacifica sarà la
convivenza e la soddisfazione dell'individuo il quale non si lamenterà dei suoi
sacrifici quando vede che la contropartita è un bene per lui prezioso.
Insomma le
regole dettate dal diritto costituiscono l'ossatura portante delle società. Se
si vuole cambiare la società bisogna cambiare la sua struttura, se si vuole
cambiare la struttura bisogna cambiare il Diritto.
Il grado di
civiltà di una società si misura dall'evoluzione del suo Diritto.
Ma non basta
che ci siano regole buone bisogna pure che le stesse vengano rispettate e che
quindi funzioni bene il sistema che controlla l'osservanza delle regole e che
in caso di trasgressione vi sia una punizione.
L'associato
e' costretto ad ubbidire.
Questo
carattere (OBBLIGATORIETA' DELLA NORMA GIURIDICA) costituisce la nota di
differenziazione della regola giuridica dalle altre regole della società.
Infatti vi
sono altre regole sociali: quelle religiose, morali, di buona educazione, di
cortesia e convenienza che non hanno il carattere dell'obbligatorietà.
Anche i
precetti religiosi contribuiscono ad attutire i contrasti fra i consociati ma
gli stessi non sono obbligatori, non c'e' il timore della punizione, almeno di
quella immediata, considerato che la stessa è prevista solo dopo la morte, nè
puo' considerarsi punizione l'eventuale rimorso. Il credente è lasciato libero
di ubbidire o meno e risponderà delle sue scelte solo dopo morto: non c'e'
costrizione ma risposta alla propria coscienza.
E poiche' il
precetto religioso trae la sua forza di ubbidienza dalla coscienza, certamente
le norme giuridiche risentono e sono permeate del sentimento religioso e
comunque della morale del momento.
Allo stesso
modo per l'inosservanza delle norme di buona educazione non è prevista nessuna
punizione a parte la figuraccia.
Se uno e
costretto ad ubbidire alla regola giuridica è evidente che ci deve essere
un'autorità che si assume tale funzione.
L'ente che
soddisfa il bisogno di avere delle regole di comportamento indirizzate al
conseguimento dei fini comuni e che ha l'autorità di farle rispettare è lo
Stato.
Quindi lo
Stato nasce per esigenza e in contrasto con le società primitive che
chiameremmo "semplici" in quanto prive di organizzazioni e soggette
alla cd "legge del piu' forte"
Tale
esigenza sfocia nella sovranita' cioe' nel potere di imperio (imperium=comando)
che ha lo Stato sugli associati cioe' sulla popolazione che e' rappresentata
dalle persone che vivono sul suo territorio .
E' evidente
che nel tempo lo Stato si e' evoluto ma i suoi elementi essenziali restano:
il popolo,
il territorio e la sovranità.
A questo punto possiamo dare la definizione di Stato
STATO = è un
insieme di persone (popolo), stanziate su un territorio, che si danno delle
regole per l'organizzazione della vita collettiva e sono sottomesse ad una
autorità (governo con poteri coercitivi) per il raggiungimento di fini comuni
(difesa, ordine pubblico, amministrazione della giustizia, progresso sociale ed
economico…)
Va detto che
le regole fissano anche i limiti del potere dello Stato.Tutti i suoi organi
sono sottoposti alla Legge (stato di diritto).
La sovranità
dello Stato si realizza fondamentalmente attraverso l'esercizio di tre poteri:
il potere legislativo, esecutivo e giudiziario
NELLO STATO DEMOCRATICO i tre poteri appartengono ad organi separati.
In Italia il
potere legislativo (emanazione di norme giuridiche) appartiene al Parlamento,
quello esecutivo (attuazione concreta delle norme per consentire il
raggiungimento dei fini generali) appartiene al Governo, quello Giudiziario
(interpetrazione e applicazione della legge con conseguente applicazione delle
sanzioni) alla Magistratura.
Ricapitolando
occorrono quindi delle regole di comportamento e delle regole che presiedono
alla organizzazione e che specificano anche attraverso la facile intuizione dei
principi i fini che intende perseguire la società.
Cioe' non
basta soltanto dare degli ordini postivi (devi fare..) o negativi (non devi..)
al consociato ma occorre pure indicare il modo di funzionare degli apparati
organizzativi, i principi ispiratori e i fini perseguiti.
Allora la
definizione di norma va oltre quella limitativa: la norma giuridica non è solo
una regola di condotta.
La
definizione non esclude dal rango di norma quella che si limita ad enunciare un
principio, ad esempio: siamo tutti uguali di fronte alla Legge.
Molto piu'
semplicemente esistono norme che contengono solo il precetto (comando), norme
che contengono un principio ("L'Italia è una Repubblica democratica
fondata sul lavoro), norme che contengono la sanzione (chi uccide una persona è
punita con l'ergastolo o la reclusione...).
L'insieme di
tutte queste norme costituiscono l'ordinamento giuridico.
Nella parola
ordinamento è contenuta appunto questa idea dell'ordine cioè il fine che si
prefigge il diritto che è quello di mettere ordine nei rapporti con le altre
persone e con lo stesso Stato.
Se abbiamo
un bisogno sia fisico che spirituale di vivere insieme agli altri il diritto
è necessario per risolvere per ognuno di noi un grande problema di
insicurezza, perchè rende prevedibili i comportamenti delle persone (perchè
sottoposti alla regola comune), specie di quelle che non conosciamo perchè non
sono nè parenti nè amici e che non hanno nulla in comune con noi.
Cosa
succederebbe se, guidando, non fossimo convinti che gli altri conducenti
tendenzialmente rispettano le regole del codice della strada (rispettare la
destra, non imboccare una strada con divieto di accesso) ? Saremmo sereni o
preoccupati ?